Servizio di Gian Luca Diamanti
(30.4.2025) - Tanti secoli fa, quando sono state costruite, servivano a guardare, a fare la guardia, a sorvegliare e difendere il territorio. Oggi servono a farsi guardare, a raccontare una storia e ad attirare gli sguardi sulla montagna. Che non è una montagna qualunque, ma è la montagna di Cesi. E così le torri e la rocca dell’antica fortificazione medievale che si arrampica dal paese fino al picco più impervio dei Martani, tra rocce e boschi fittissimi, proprio davanti al verdissimo pianoro di sant’Erasmo, sono tornate a fare il loro lavoro, sebbene diverso da quello che facevano in passato.
“Come una collana di fiori primaverili” - Perfino dalla città, da Terni, ora, se si alza lo sguardo dall’asfalto e dagli schermi degli smartphone verso l’inconfondibile silhouette delle rocce del monte Eolo e di sant’Erasmo, si possono vedere dei piccoli puntini bianchi proprio sullo sperone. Prima sembravano non esistere più, crollate, dimenticate, mangiate dal bosco; ora quasi per magia sono di nuovo lì, le possenti torri della rocca, sbocciate come una collana di fiori primaverili tra i boschi. Non è una magia, ma è il risultato di un lavoro duro e complicato. E quelle torri, di nuovo forti e solide sono ricomparse anche per dirci che qualcosa d’importante sta succedendo sulla montagna, grazie al progetto “Cesi Porta dell’Umbria” che sta entrando nel vivo.
“Cesi torna a legarsi alla sua montagna” - Il recupero e la ristrutturazione delle torri medievali, una fortificazione che viene fatta risalire al XII secolo, è infatti solo uno dei quarantacinque interventi dei quali si compone il progetto che è finanziato dal Ministero della Cultura nell’ambito del bando borghi Linea A e con il quale il Comune di Terni ha intenzione di restituire un futuro a un paese che sembrava non averne più. “È un progetto che torna a legare, come in passato, Cesi alla sua montagna, che mira a riscoprire che cosa abbia reso unico questo luogo e questi paesaggi, la loro bellezza, le loro grandi potenzialità”. Per questo la Regione Umbria e il Ministero ci hanno creduto e hanno selezionato il progetto di Cesi, preferendolo a tanti altri.
“L’ultima occasione per salvare le torri” - Per questo oggi, in primavera, rinascono anche le torri. “In effetti era la loro ultima occasione”, dicono Antonello e Agnese Trincia, padre e figlia, che con Resco e Tecnostrade e con il prezioso supporto del direttore dei lavori, l'architetto Massimo Cocciolito, hanno avuto l’incarico di seguire tutte le delicate fasi dell’intervento.
“Alcune delle torri erano a rischio crollo, una in particolare, quella pentagonale, era parzialmente crollata pochi anni fa. Un’altra era praticamente sommersa dalla vegetazione; l’area sommitale della rocca era quasi irraggiungibile e versava ormai in condizioni drammatiche”.
“L’esperienza di far rinascere i luoghi feriti” - “Da ternani – racconta l’architetto Agnese Trincia – conoscevamo questi luoghi, ma non eravamo mai riusciti a visitarli, proprio perché raggiungerli non era facile. E non nascondo che nei primi sopralluoghi ci siamo un bel po’ preoccupati, dopo aver verificato le tante difficoltà del lavoro, a cominciare proprio dal fatto che si sarebbe dovuto operare in quota, in un’area molto scoscesa, addirittura su pareti di roccia”. “Dalla nostra – dice il geometra Antonello Trincia – avevamo l’esperienza maturata in tanti altri interventi di restauro e ristrutturazione di edifici antichi nelle aree del terremoto, dall’Aquila all’Emilia, fino alla Valnerina”. Un’esperienza dunque nel far rinascere i luoghi feriti, come le mura, le torri e il castello che collegano anche fisicamente Cesi con la sua montagna, in quello che sembra essere un grande abbraccio protettivo. “Se non fossimo intervenuti ora, tutto questo entro pochi anni non sarebbe esistito più”. Non solo le mura, ma anche la loro memoria, probabilmente.
“Un restauro vissuto come un’avventura” - Il restauro durato dall’autunno del 2024 alla primavera del 2025, in alcuni passaggi, è stata una vera e propria avventura. Vissuta con grande professionalità, ma anche con passione. “A un certo punto per papà questo lavoro era diventata una specie di ossessione”, scherza Agnese. “In realtà sono serviti una serie di accorgimenti, di tecniche non certo consuete e una grandissima attenzione alla logistica. Molti materiali edili sono stati trasferiti dalla nostra base al termine della strada che sale da Cesi davanti al pianoro di Sant’Erasmo, fin sul picco della rocca e poi nelle pareti sottostanti grazie a un elicottero che arrivava dal Lazio. Ogni volta che veniva faceva almeno 90 movimenti trasportando al massimo sette quintali di materiali per ogni volo”.
“Tecnici acrobati, archeologi e realtà virtuale per un lavoro speciale” - “L’altro elemento che ci ha consentito di portare a termine felicemente questo intervento è stata la bravura e la grande disponibilità delle maestranze”. “Sono serviti tecnici del restauro, ma anche personale in grado di eseguire interventi di edilizia acrobatica, calandosi con le funi”. “Abbiamo avuto l’assistenza della Sovrintendenza e di un archeologo, Massimiliano Gasperini, che ci ha seguito nel riportare alla luce due antiche cisterne. Oltre che al consolidamento statico c’è stata grande attenzione alle tecniche di restauro. Nella torre più alta, la torre della rocca, abbiamo usato alcune cortine di mattoni, materiale completamente diverso dall’originale, proprio per mettere in evidenza le reintegrazioni, per evitare di ricostruire un falso storico. Nella torre pentagonale, invece, abbiamo inserito una struttura in acciaio, trasportata a pezzi dall’elicottero e che è stata montata come un grande puzzle”. Poi, con un altro intervento del progetto, saranno sistemati i sentieri di collegamento, a cominciare dal vecchio “Sentiero delle torri” che sale da Cesi. Ma per chi non potrà camminare è già pronta una visita virtuale della rocca e delle torri (curata da Euromedia) che potranno essere apprezzate e visitate grazie alle tecnologie della realtà aumentata direttamente a Cesi.
“L’elicottero, il falco pellegrino e le grigliate” - In montagna i voli dell’elicottero non sono passati inosservati, neanche alla fauna locale. Così per rispetto di chi da queste parti vola da più tempo, l’elicottero ha potuto operare fino all’inizio della primavera, per poi lasciare spazio alla nidificazione del falco pellegrino. “Un problema in più – racconta Agnese Trincia – che però abbiamo affrontato e risolto nel rispetto delle regole, della natura, e grazie alla buona volontà degli operai e dei tecnici”. E così è capitato che per accelerare i tempi si sia deciso di lavorare anche di domenica. Gli operai non l’hanno presa male e, grazie alla particolarità e alla bellezza del luogo, qualcuno di loro ha deciso di portar su la famiglia. Mentre si lavorava alla torre qualcun altro cucinava nei caminetti di Sant’Erasmo e la giornata di lavoro è finita con una bella grigliata”.
“Dalle Ande agli Appennini” - Ma evidentemente la bellezza e la particolarità di questo luogo, non smettono di affascinare chi ci ha lavorato per restituirgli una parte della sua storia. Così a fine lavori, sul pianoro di sant’Erasmo, capita, sempre di domenica, d’incontrare Samuel, operaio edile, originario del Perù che torna da “turista” a visitare il posto dove lo hanno fatto lavorare. “Un lavoro molto difficile e molto duro - dice puntando il dito verso la torre della rocca - però guarda che spettacolo! Che bella montagna!”. Più bella delle Ande? “Sì, più bella delle mie Ande!”.
No, non è stato un lavoro come gli altri questo sulle torri di Cesi, decisamente.